venerdì 23 settembre 2011

la paura e l'uomo

pubblicata da Joseph Sensi il giorno lunedì 5 settembre 2011 alle ore 12.07
Chi ha paura teme il definire la nevrosi come paura della vita, ma è questo che è: il nevrotico teme il confronto con il mondo, teme di scoprirsi o di farsi valere, teme di essere se stesso.
Possiamo vedere queste paure da un punto di vista psicologico o caritatevole: aprendosi si è vulnerabili; scoprendosi si deve accettare l’idea del rifiuto; il farsi valere o l’imporsi porta allo scontro e a volte alla propria distruzione.
Ma questo ci porta in un'altra dimensione, per l’uomo perverso di oggi l’avere una vita più intensa o più sensazioni di quanto non sia abituato è fonte di paura, perché sente che questo schiaccia il suo Io, oltrepassando i suoi limiti e di indebolendo la sua già scarsa identità.
Essere vivi e avere sentimenti fa paura.
Il figlio di un’amico aveva una forte insensibilità corporea, continuamente teso e contratto, occhi spenti, il colorito giallognolo e una respirazione superficiale; un bravo terapeuta, una respirazione più profonda e ad esercizi adatti ed il suo corpo tornò ad una maggiore sensibilità. Gli occhi brillavano, il colorito si ravvivò, quindi sensazioni stimolanti in alcune parti del corpo e le gambe vibravano e disse: "Questa è troppa vita. Non posso resistere".
Questa e la situazione: si cerca di essere più vivi e sentire di più, ma terorizza questa paura della vita che si rivela nel continuo affaccendarsi per non sentire.
La fretta ci piace perché ci permette di non affrontare noi stessi, alcool, psicofarmaci o droghe per annichilire il nostro essere vivi.
La paura della vita ci porta a controllarla credendo così di dominarle entrambe, siamo convinti che . l’ emozionalità tellurica sia nociva e pericolosa e non a caso si invidiano i calmi e chi non si emoziona perché la cultura imperante da 70 anni da importanza all'azione nascosta e traditrice del fatto compiuto del così è perché all’homunculus moderno è stato insegnato ad inseguire il successo, ma non ad essere uomo.
Appartengono alla “generazione attiva” il fare di più ma sentendo meno meglio ancora se nulla e nello stesso modo affrontano tutto dalla convivenza civile ai rapporti al sesso dove impera l’ azione privata però dalla passione.
Una gioventù degna dei loro padri e madri che erano magari bravi nel lavoro ma, come umanità, sono stati un fallimento, e questo ha prodotto delle generazioni che sentono il fallimento sudi sé.
Il loro odore è: dolore, angoscia, e la disperazione appena sotto la superficie, e tutti sono pronti a vincere la debolezza, a superare le paure e sormontare le angosce, le librerie sono stracolme di testi su come migliorarsi, su come fare le cose, su energie più o meno bastarde, tutto a poco prezzo e tutto popolare.
Ma questo è, per fortuna, destinato a fallire perché essere uomo non è qualcosa che si può fare; non è un atto definito: è un fatto che ci obbliga a interrompere la frenesia – che non è più l’enthusiamos di baccanti o menadi – è il (ri)tornare a pensare, respirare e sentire la terra, sentire il dolore, e quindi (ri)provare piacere perché si (ri)prende la forza di far fronte al vuoto interiore ereditato dalla famiglia inesistente e dalla ancora più inesistente società.
Solo sapendo andare in fondo alla disperazione si arriva alla gioia, non è semplicemente il rifiuto della nevrosi, è il rifiuto della modernità basata su una cultura dominata dal peggior potere possibile (la democrazia delle masse e non dei popoli) e il progresso e poiché questo caratterizza la civiltà occidentale, che sempre meno è identitaria e popolare, ne viene la necessità di (ri)scoprire le verità ancestrali.
Oggi l’uomo è in conflitto con se stesso, la sua memoria ancestrale è sempre più debole e la modernità cerca di dominarla non riuscendo a cancellarla; ma come si può essere pagani se non si sa salire su un’albero, non si conoscono le piante, le pietre, i cristalli e i colori? Come si può permettere al proprio Io di sottomettere il corpo, l’obbligante pensiero razionale di controllare le emozioni, o che sia la volontà e non lo spirito a superare paure e angosce?.
Tutto questo riguarda l’inconscio ma il suo effetto è di esaurire le energie interiori, togliere la pace nella mente, la moderna nevrosi è si conflitto interno ma non è più la pugna solitaria contro i demoni nel bosco, assumendo il suo carattere nevrotico, quindi codificato, assume forme diverse, ma che non implicano più una lotta all'interno dell'individuo tra quello che è e quello che crede di essere, ma diventa solo medicina, farmaco, debolezza e sonno che altro non sono che la completa rinuncia dell’essere.


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