Felicità e piaceri
Che cos’è la felicità? Felice è il termine corradicale di fecondo: fecondo significa che produce frutti e poiché produce frutti è propizio, cioè procede favorevolmente raggiungendo il proprio fine.
La felicità non va confusa con il piacere momentaneo: il piacere, da solo, non soddisfa le esigenze più profonde della persona perché c’è in ogni uomo il bisogno d’integrare e coordinare le passioni con la volontà, la volontà con la ragione e la ragione con la verità.
La felicità è un processo che porta all’unione dell’uomo con sé stesso e con l’ordine fondamentale della realtà e il vero piacere risulta come conseguenza della realizzazione di un tale significato.
Inoltre bisogna sottolineare che per l’uomo esistono due tipi di felicità: una felicità naturale, incipiente e imperfetta, e una sovrannaturale perfetta che consiste nel possesso di Dio: infatti nessun bene naturale contribuisce al pieno appagamento dei desideri dell’uomo. Per l’uomo occorre un bene infinito perché è il solo adeguato alla capacità infinita delle sue facoltà spirituali, l’intelletto e la volontà (30).
Il piacere è propriamente la quiete che si ha nel raggiungere e possedere l’obbiettivo del proprio desiderio. Quando l’obbiettivo del proprio desiderio è inadeguato — in quanto non naturale e non conforme alla giustizia — il possesso è imperfetto rispetto alle aspettative per colpa dell’inadeguatezza della cosa posseduta nei confronti delle esigenze più profonde della persona, il piacere momentaneo viene frustrato perché l’uomo si sente insoddisfatto e diviso, contemporaneamente schiavo del male fatto e deluso dal piacere ottenuto: il movimento del desiderio non cessa ma diventa ossessivo e non si ha il vero piacere che è la quiete di tutte le facoltà dell’uomo nel bene amato.
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